27 gennaio - giorno della memoria; ricorrenza internazionale istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1° novembre 2005, per commemorare le vittime dell'olocausto.
La memoria in questo caso è dovere civile di ogni persona, per non dimenticare di quanto orrore è capace l'essere umano.
Dal vocabolario della lingua italiana Treccani: "Razzismo - Ideologia, teoria e prassi politica e sociale fondata sull'arbitrario presupposto dell'esistenza di razze umane biologicamente e storicamente "superiori", destinate al comando, e di altre "inferiori" destinate alla sottomissione, e intesa, con discriminazioni e persecuzioni contro di queste, e persino con il genocidio, a conservare la "purezza" e ad assicurare il predominio assoluto della pretesa razza superiore (razzismo nazista) - Più genericamente, complesso di manifestazioni o atteggiamenti di intolleranza, originati da profondi e radicati pregiudizi sociali ed espressi attraverso forme di disprezzo, di emarginazione nei confronti di individui o gruppi appartenenti a comunità etniche e culturali diverse, spesso ritenute inferiori".
La memoria come dovere civile, come impegno quotidiano, come strumento per riconoscere il razzismo in ogni forma, anche subdola, in cui si manifesta nella nostra società. Ogni volta che qualcuno discrimina un altro individuo, a qualsiasi titolo, è razzista. La diversità, in tutte le sue forme, è ricchezza per tutto l'Universo.
Le forme in cui si manifesta il razzismo attuale sono subdole ma dobbiamo essere capaci di individuare e riconoscere ogni espressione che sia riconducibile a forme di discriminazione; oltre a quelle più eclatanti; quando un rappresentante della politica afferma che il diritto alla salute è legato alla produttività, esprime una delle peggiori e abiette forme di razzismo immaginabili. Il diritto alle cure, alla dignità, alla vita è un diritto inalienabile dell'umanità tutta, di tutti, a tutte le età e in tutte le condizioni sociali ed economiche in cui si trova. Se perdiamo di vista questo principio, possiamo ancora chiamarci "uomini"?